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Il dilemma della Fed: l’inflazione rallenta, il taglio dei tassi incombe, ma le prospettive a lungo termine sono incerte

La visione a lungo termine

La Federal Reserve si riunirà più tardi questa settimana e si prevede che manterrà i tassi di interesse stabili tra il 5,25% e il 5,5%, livello al quale sono rimasti da luglio. Oltre a valutare le attuali condizioni economiche, i funzionari devono valutare l’inflazione, che ha chiuso il 2023 in condizioni migliori rispetto a quanto inizialmente previsto. La stima mediana originaria dell’indice dei prezzi delle spese per consumi personali prevedeva un valore di fine anno del 3,1%, mentre il tasso di base (esclusi i costi alimentari ed energetici) avrebbe dovuto raggiungere il 3,5%. In realtà nell’ultimo trimestre dell’anno i due indicatori si sono attestati rispettivamente al 2,7% e al 3,2%. Tuttavia, questi dati mascherano una tendenza all’indebolimento. L’inflazione core, su base annua, è rimasta al di sotto del 2% negli ultimi sette mesi e ha continuato a diminuire. I politici sono preoccupati per questa inversione di tendenza e esitano a dichiarare la vittoria sull’inflazione. Esiste anche il rischio che l’inflazione scenda al di sotto dell’obiettivo del 2% della Fed, il che potrebbe portare a pressioni deflazionistiche e sfide economiche.

Prima della pandemia, la Fed faticava a raggiungere il proprio obiettivo di inflazione in modo coerente. Anche se si è verificato un aumento significativo dei prezzi durante la pandemia, l’andamento a lungo termine dell’indice delle spese per consumi personali indica che l’inflazione è superiore solo del 2,1% circa rispetto a quella che sarebbe stata se la Fed avesse costantemente raggiunto il suo obiettivo di inflazione da quando lo ha adottato nel 2012.

Persistenza dell’inflazione

La sfida per la Fed sta nel determinare se il mondo sta tornando ai livelli pre-pandemia, dove un’inflazione del 2% o leggermente inferiore era considerata normale. Vari fattori, tra cui la rigidità del mercato del lavoro dovuta all’invecchiamento della popolazione, ai deficit pubblici e agli attriti commerciali globali, suggeriscono che la situazione potrebbe essere cambiata. La persistenza dell’inflazione è una delle principali preoccupazioni dei policy maker. Sebbene abbiano respinto le argomentazioni riguardanti la difficoltà di raggiungere “l’ultimo miglio” in termini di inflazione, lo considerano una questione di tempo. Se alcuni beni e servizi continuano a subire un aumento dei prezzi, i politici ritengono che mantenere l’attuale tasso di interesse per un periodo più lungo e ridurlo gradualmente sarebbe una soluzione più efficace rispetto ad aumentare nuovamente i tassi. I policy maker distinguono inoltre tra inflazione generalizzata e variazioni dei prezzi relativi che possono derivare da squilibri temporanei o da altri fattori che non sono necessariamente inflazionistici. Tuttavia, quando una parte significativa dell’economia si trova a far fronte all’aumento dei prezzi senza compensare la bassa inflazione o il calo dei prezzi in altri settori, i politici rimangono cauti.

Il settore immobiliare rappresenta la sfida più significativa in termini di inflazione. Molti policymaker si aspettano un rallentamento dell’inflazione legata al settore immobiliare nei prossimi mesi. L’ex presidente della Fed di St. Louis James Bullard, ora preside della business school della Purdue University, suggerisce che, sulla base dei dati attuali, una riduzione di un quarto di punto potrebbe essere giustificata. Tuttavia, è fondamentale comunicare che tale mossa rappresenterebbe un aggiustamento tecnico piuttosto che un tentativo di stimolare l’economia, dato il calo dell’inflazione in un’economia altrimenti resiliente.


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